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                | INTERVISTA AL M° SIFU Dott. S.  MEZZONE |  Sasà entra nel  mio studio in una luminosa mattina di metà ottobre. Questa volta, però, mi fa  visita nelle vesti di Salvatore Mezzone, Sifu (tradotto letteralmente padre, Maestro) di Wing Chun Kung Fu,  ancor prima che come carissimo amico. Ha accettato  il mio invito per un’intervista sulla sua esperienza, ormai piuttosto lunga,  nel mondo delle arti marziali. La mia intenzione dichiarata è di far rientrare  tale intervista all’interno di una tesi che sto svolgendo. L’argomento della  tesi è l’influenza che i contesti relazionali hanno sulla modificazione del Sé  e dell’identità delle persone.
 Conosco Sasà  ormai da tanti anni e, in qualche modo, ho potuto appurare in prima persona  come il Wing Chun Kung Fu abbia gradualmente contribuito a strutturare  positivamente la sua identità, arricchendo e formando una personalità già  sufficientemente equilibrata.
 Allora,  nell’ideare il lavoro di cui sopra, il mio pensiero è corso subito a lui per  apportare un esempio, insieme ad altri, a fondamento della mia tesi. Soltanto  successivamente si è pensato di pubblicare anche sul sito una versione  dell’intervista che lo riguarda. Non tanto per sostenere la tesi più generale,  ma soprattutto per riportare l’esperienza concreta del percorso che ha portato  Salvatore Mezzone a passare i vari gradini del Wing Chun Kung Fu fino allo  stato attuale.
 Il tipo  d’intervista che è stato utilizzato è quello che, in gergo tecnico, viene  definito “semi-strutturato”. L’intervista semi-strutturata non ha delle rigide  domande a cui attenersi, ma piuttosto degli argomenti principali da toccare.  Tale intervista è sembrata quella ideale perché permette di seguire un filo  logico prestabilito e, al contempo, di approfondire liberamente temi che di  volta in volta sembrano particolarmente pregnanti.
 La prima  domanda che rivolgo al Sifu è sui motivi che, anni addietro, lo spinsero a  cimentarsi nel mondo delle arti marziali. Lui si fa serio e, dopo un attimo di  riflessione, rievoca quel periodo.
 A 15 anni provò  la via del full-contact, ma dopo qualche mese ne rimase deluso perché tale  pratica non portava in lui alcuna crescita interiore. Consisteva, infatti, in  meri esercizi fisici piuttosto ripetitivi e, quindi, poco stimolanti. Allora,  si dedicò di nuovo alle sue passioni di sempre: le motociclette e la palestra.  Soltanto a seguito di una crisi sentimentale che lo provò molto, esasperando  anche la sua irritabilità e provocandogli accessi di aggressività, decise di  ritentare la via degli sport da combattimento, percependo intuitivamente che  attraverso di essa avrebbe trovato un modo per incanalare la rabbia. Questa  volta, però, il suggerimento di un amico lo porta ad incontrare il Wing Chun  Kung Fu.
 Il caso,  dunque, lo indirizza verso qualcosa di diametralmente opposto al mero combattimento  – ma come suggerisce Jung, nulla è mai davvero casuale! Man mano, infatti,  cresce in lui la passione per la millenaria cultura orientale che lo formerà  molto come uomo, ancor prima che come combattente.
 Successivamente,  chiedo al Sifu una descrizione a volo d’uccello del percorso effettuato. A  questo punto, Salvatore mi ribadisce la piacevole sorpresa che provò nel  trovarsi di fronte a qualcosa di molto diverso rispetto alle precedenti  esperienze. Se prima riteneva l’espressione della potenza come prioritaria. Nel  Wing Chun Kung Fu scopre l’importanza della coordinazione e dell’equilibrio, e  ne rimane avvinto. A questo punto, subentrano anche la sua ostinazione ed il  suo orgoglio. Tanto più faticava ad entrare in quel gioco complesso di  equilibri, tanto più profondeva impegno ed energie. I primi anni, dunque,  passava notti intere ad esercitarsi coi compagni di corso pur di salire  velocemente lungo quello che a loro appariva la lenta salita del Wing Chun Kung  Fu. Sentiva, infatti, dentro di sé che doveva riuscire. Quel che era iniziato  come un semplice sfogo della propria aggressività, diventava una sfida ad  apprendere e a migliorarsi.
 Ad un certo  punto del percorso, dopo soli 2 o 3 anni dall’inizio della pratica del Wing  Chun Kung Fu, l’impegno dimostrato viene premiato inaspettatamente. Gli viene  conferito, infatti, l’incarico di insegnare. Salvatore, pur sentendosi  impreparato tecnicamente di fronte a questo nuovo ruolo, o per lo meno non  ancora del tutto maturo, vi si lancia con tale entusiasmo da mettere a tacere  qualsiasi sua titubanza e da riuscire, col senno di poi, grazie proprio ad una  grande carica istintiva.
 “Questa” –  ricorda – “è stata una fase in cui ho lavorato con le arti marziali per mettere  la mia persona a confronto con gli altri.” […]
 […] Per il  giovane maestro era molto importante dimostrare a tutti, con lo scontro fisico,  di sapere padroneggiare le tecniche molto meglio di qualsiasi altro.“Ora, a  distanza di anni,” – prosegue – “sento di non dover dimostrare niente. Insegno  e mi alleno per migliorare me stesso.”
 La conferma  della bontà del percorso effettuato avviene, purtroppo, a seguito di un tragico  incidente motociclistico in cui Salvatore rischia seriamente di perdere la  vita.
 “Tutto il  lavoro fatto sul miglioramento delle tecniche Wing Chun Kung Fu, tutto  l’impegno prodigato, avevano rafforzato a tal punto la mia volontà da  permettermi di guardare a quell’incidente come ad un ostacolo da superare.”
 Il Sifu  precisa che non è una questione solo mentale o solo fisica. La percezione  finissima della propria corporeità gli aveva permesso di recuperare fisicamente  con una velocità prodigiosa, la tenacia interiore, d’altro canto, gli aveva  fornito la forza necessaria ad affrontare la dura riabilitazione che era  seguita all’intervento chirurgico. È quello che in cinese viene definito Shen,  ossia spirito.
 A questo  punto, m’incuriosisce sapere quanto di temperamento e, quindi d’innato, c’è in  questa innegabile forza di volontà. Salvatore afferma che il Wing Chun Kung Fu ha  educato il suo carattere. Quel che prima era in lui in forma molto grezza e,  soprattutto, estemporanea, ora ha messo salde radici. Quel che prima era mera  ostinazione, ora è tenacia e forza di volontà. Se prima l’umore poteva incidere  sull’espressione di queste sue caratteristiche, ora uno schema interiore  acquisito con la pratica del Wing Chun Kung Fu fa sì che siano stabili ed  equilibrate. Ne è chiaro esempio una successiva crisi sentimentale da cui uscì  molto meno provato, proprio grazie alla passione per le tecniche e per il  pensiero Wing Chun Kung Fu. Avere il chiaro riferimento del Kung Fu, esserne  devoto, gli permette infatti di affrontare anche i periodi peggiori senza  accusarne troppo il colpo.
 Il Sifu,  dunque, precisa che il tale disciplina richiede, ma può anche donare pazienza.  Il riuscire anche solo ad intravedere con la mente i risultati che con esso si  possono raggiungere, può rendere paziente anche la persona meno tranquilla. È  vero pure, poi, che chi non arriva ad intravedere quei risultati, possa  imbattersi in essi e quindi sentire col corpo nuovi equilibri, proprio  attraverso la pazienza che già possiede e che gli rende possibile di andare  avanti lungo il percorso. In definitiva, il Wing Chun Kung Fu attiva un  processo dialettico fra corpo e mente che trova diversa eco a seconda della  persona che lo pratica, ma che pure può portare agli stessi risultati.
 Interessante è  che il Sifu, su mia richiesta, non riesca e non voglia fornire una valutazione  di questi anni spesi nel Wing Chun Kung Fu. La spiegazione è semplice: non c’è  nulla di finito che possa essere davvero valutato. Quello del Kung Fu è un  percorso sempre aperto. Quando credi di avere concluso qualcosa, compare subito  qualcos’altro all’orizzonte. Per esempio, una volta imparate le tecniche alla  perfezione, senti diversamente il tuo stesso corpo e, quindi, inizi a lavorare  su di esso e sulla respirazione. Questo a sua volta, ti spinge a sentire  diversamente gli altri, a percepire i loro stati d’animo, le loro tensioni  psicologiche attraverso il contatto fisico, piuttosto che con la mente. Questo  a sua volta, ti porta a percepirti nel mondo in maniera diversa. Sono come dei  cicli che in apparenza si chiudono per aprirne altri, ma in realtà tutto è  collegato, dall’imparare una semplice forma al vedere il cosmo con occhi  diversi. La crescita interiore, in definitiva, non finisce mai, ha sempre nuovi  orizzonti da percorrere.
 Quando gli  chiedo di delinearmi i principali insegnamenti del Wing Chun Kung Fu a lui come  persona. Il Sifu non ha esitazioni: “Mi ha insegnato che accettare le proprie  debolezze rende la persona più forte.” […]
 Il Kung Fu,  dunque, gli ha trasmesso la capacità di vedere nei propri limiti delle risorse,  piuttosto che dei difetti. Accettare se stesso per come si è, infatti, rende  incredibilmente possibile anche il cambiamento, il miglioramento di sé, proprio  perché non si ha più nulla di cui doversi vergognare, ma si è piuttosto liberi  di manifestarsi agli altri. Il mettersi in rapporto agli altri, infatti, è per  il Sifu di fondamentale importanza. Ed è stato il Wing Chun ad insegnarglielo.  Crescere è possibile solo se ci si confronta con gli altri, perché ciò attiva  un processo di condivisione che arricchisce tutti, mettendo in circolo le  energie di ognuno. È il vero confronto di corpi che entrano in contatto,  piuttosto che i dettami di una società fredda e distante, a dare il giusto  input agli individui. Il Wing Chun Kung Fu, dunque, rende abbastanza forti da  non subire incondizionatamente le influenze di una società spesso distorta, ma  anche abbastanza umili da porsi sempre in relazione con tutti.
 Come Sifu,  Salvatore si descrive democratico ed autoritario allo stesso tempo. È pronto ad  ascoltare ogni suggerimento, ma impone pure il suo insegnamento con fermezza.  D’altronde, è consapevole d’essere seguito ben volentieri dai suoi allievi e,  quindi, si rafforza ancor più nei suoi metodi.
 Nel rapporto  con le persone, poi, a seguito della pratica del Wing Chun Kung Fu, come già  accennato in precedenza, Salvatore ha perfezionato aspetti caratteriali di sé e  si è sentito sempre più libero di relazionarsi agli altri. Una timidezza  caratteriale, quindi, ha ceduto man mano il passo ad un rispetto giustificato  per gli altri, che non intacca minimamente la stima in se stesso. Allo stesso  tempo, il Wing Chun Kung Fu gli ha dato una visione imparziale delle cose che gli  permette di relazionarsi con distacco, senza lasciarsi travolgere eccessivamente  dalle emozioni; lo ha quindi educato ad affrontare con tranquillità gli stress  della vita quotidiana, il che è un punto di partenza ottimale per avere buoni  rapporti con le altre persone.
 Una delle  ultime immagini fornitemi da Salvatore è quella di lui come allievo. Lo stare a  contatto con diversi maestri è descritto come un arrampicarsi sull’albero della  propria personale crescita. Ogni maestro è visto come un ramo che lo portava ad  un altro ramo ancora. Da ognuno prendeva i frutti che questi sapeva dargli, ma  poi puntava oltre, verso la propria crescita interiore e, quindi, verso un  percorso del tutto personale.
 Salvatore,  infatti, ribadisce che il Wing Chun Kung Fu non lo ha affatto cambiato  radicalmente, ma gli ha dato piuttosto l’opportunità di sviluppare al meglio  qualità che già esistevano potenzialmente in lui. Quindi, il maggiore effetto  positivo è la padronanza di sé e delle proprie caratteristiche, così la lucidità  mentale e la capacità di gestire se stesso e le situazioni in cui ci si viene a  trovare divengono molto più efficienti.
 Un esempio è  dato dal fatto che, proprio la consapevolezza di essere forti, permette a chi  pratica il Kung Fu cinese di non dovere dimostrare nulla, di essere tranquillo  anche di fronte al pericolo, ma al contempo di essere pronti ad intervenire con  il proprio bagaglio tecnico qualora la situazione lo richieda. Inoltre, il  percepire gli scambi fra le persone come un naturale passaggio di energie, fa  sì che l’eventuale turbamento sia momentaneo, poiché poi tutto ritrova il suo  corretto equilibrio di forze.
 È molto  piacevole, oltre che interessante, stare ad ascoltare Salvatore Mezzone in  veste di Sifu, al di là che come amico. Non stento a credere che per molti suoi  amici ed allievi, oltre ovviamente che per me stesso, sia un punto di  riferimento importante.
 L’intervista  si chiude con un sorriso amichevole. Indagando le relazioni interpersonali  significative al di fuori del Wing Chun Kung Fu, esce fuori che per i suoi  genitori resta sempre una specie di bambinone. “Per loro non crescerò mai.” –  dice divertito.
 Dott.  Giancarlo Rossi(Psicologo-Psicoterapeuta)
 
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