Kung Fu Academy di Caserta Wing Chun, Wing Tsun e Wing Tjun,Tai Chi, Sanda, Difesa Personale a Caserta,  Italia Sifu Salvatore Mezzone
nuova sede a caserta della kung fu academy in Via Canova
ARTI MARZIALI E CAMBIAMENTO

 

In base all’esperienza maturata nel corso degli anni, abbiamo potuto appurare che spesso l’interesse per le arti marziali non scaturisce dalla mera volontà di impegnarsi in uno sport. Chi si rivolge alle arti marziali, infatti, sembra sapere, anche se solo vagamente, che esse non possono essere equiparate ad uno sport qualsiasi o, ancora peggio, ad un passatempo. Per quanto possa suonare pretenzioso, le arti marziali sono, piuttosto, il mezzo attraverso cui il soggetto è messo nella condizione di acquisire un nuovo e più articolato modo di vedere la realtà. L’interesse per questa specifica pratica, infatti, è a volte dettato dalla necessità, interiormente avvertita, di dare una qualche nuova evoluzione alla propria esistenza, per quanto confuso possa essere all’inizio questo sentimento. Gaspare Vella (2001), in tal senso, parla di bisogno di completezza per indicare la ricerca di quel qualcosa che arricchisca l’identità di cui siamo già in possesso. È proprio questo bisogno che ci spinge a relazionarci con quello specifico altro che crediamo possa soddisfare il nostro bisogno di completezza.
L’avvio di questa specifica esperienza, che si rivela poi di grande importanza per i praticanti più assidui e di lunga durata, ha spesso inizio da uno stato di sofferenza. La scelta stessa sembra essere veicolata dalla necessità di raggiungere un equilibrio più sano. La crisi in cui l’individuo versa li porta ad optare per una scelta che si rivelerà successivamente evolutiva, anziché regressiva, come accade invece nei tentativi di auto-cura che sono alla base di certe forme di tossicodipendenza.
Molti esempi ci confermano che gli accessi di aggressività o di depressione, che si manifestano in ragazzi ed adulti, a seguito di crisi di origine personale, sentimentale o familiare, possono trovare nel Wing Chun un modello comportamentale in cui venire educati ad una nuova forma di stabilità; preludio questo di un benessere che riguarda tutta la persona, come pure le relazioni che la persona stessa intrattiene con gli altri.
Il percorso esperienziale delle arti marziali viene talvolta descritto dai praticanti come “duro”, “faticoso” e “lungo”; sembra però che proprio queste caratteristiche diano valore al percorso e lo rendano un vero e proprio iter formativo che riguarda l’intera persona, piuttosto che un aspetto limitato di essa. Quello affrontato è, a ben vedere, un percorso che ha richiesto sacrifici ed impegno, in cui la persona ha investito notevoli energie; la conseguenza di questo lavoro è rappresentata dal forte e positivo impatto sulla vita di chi lo ha praticato, che è anche il motore per proseguire ancora in quel cammino.
L’esperienza delle arti marziali, tuttavia, non è qualcosa che riguarda soltanto il singolo individuo, ma è piuttosto un’attività che pone il singolo a contatto con altre persone, in un contesto interattivo di crescita collettiva.
Nelle arti marziali, l’altro con cui ci si rapporta è soprattutto un elemento di comparazione, un altro corporeo, una presenza in carne ed ossa con cui avviene un contatto fisico, con cui s’interagisce attraverso il movimento, ancor prima che con la parola. L’obiettivo fondamentale resta, tuttavia, il miglioramento di sé.
Il rapporto con l’altro, dunque, è fondato sulla necessità di una crescita personale; però viene regolamentato da tecniche che, attraverso il sentire col corpo, sono volte a potenziare l’aspetto evolutivo della relazione. Nelle arti marziali, difatti, sentire meglio se stessi permette di sentire meglio l’altro e viceversa. In poche parole, attraverso la pratica delle arti marziali, l’evoluzione personale viene a coincidere con una contemporanea evoluzione delle relazioni interpersonali.
L’esperienza delle arti marziali, tuttavia, non è qualcosa che riguarda soltanto il singolo individuo, ma è piuttosto un’attività che pone il singolo a contatto con altre persone, in un contesto interattivo di crescita collettiva.
Le arti marziali, inoltre, permettono al singolo di educare aspetti propri della persona, talvolta vissuti con un senso di inadeguatezza, in vista di un utilizzo più funzionale degli stessi, ed in virtù di una crescente consapevolezza di sé. Processo questo, assai simile a quello che si verifica in psicoterapia. Se, tuttavia, in psicoterapia tale processo si attua attraverso il dialogo verbale fra un paziente ed un esperto, nelle arti marziali ciò si verifica attraverso una sorta di dialogo dei movimenti corporei fra allievi ed istruttori. Ad ogni modo, è proprio questo dialogo, fra quel che si è e ciò che l’altro ci propone, ad infondere nuove traiettorie alle nostre esistenze.
Il cambiamento del singolo, in genere, è dato in gran parte da schemi nuovi appresi all’interno di contesti relazionali nuovi. La relazione, quando realmente significativa ed evolutiva, non diviene più un campo in cui agire un ruolo stereotipato, ma piuttosto una sorta di microscopio che ci permette di vedere meglio noi stessi e gli altri e, quindi, di intervenire in maniera più funzionale nelle relazioni.
A seguito del percorso nelle arti marziali, dunque, la relazione non è più una messa in scena incondizionata di modelli comportamentali appresi in passato, ma un campo in cui ci si può dedicare alla crescita personale, proprio a partire dal confronto. In questo modo, aspetti difensivi o caratteriali come la timidezza o l’aggressività, trovano un modo per evolvere in forme più funzionali e gratificanti, anziché stagnare nella persona fino ad inquinarne l’esistenza.
Le esperienze relazionali, tuttavia, si inseriscono sempre all’interno di un percorso che ha un “prima” ed un “dopo” e, quindi, pur apportando nuovi elementi, vanno sempre inquadrate all’interno di un’identità con una sua propria continuità nel tempo. Per Guidano (1988), ad esempio, la stabilità dell’identità personale è data da un incessante processo cognitivo in virtù del quale tutti gli stimoli relazionali provenienti dall’esterno vengono assimilati ad informazioni che contribuiscono ad elaborare livelli sempre più complessi ed integrati di identità personale.
Il “nuovo”, in definitiva, rende possibili articolazioni diverse del “vecchio”, ma non un cambiamento tout court. Ciò perché è la struttura preesistente a riconoscere e ad introdurre i nuovi elementi insiti in un’esperienza e, quindi, a renderli in qualche modo attivi. Qualcosa di estremamente divergente non potrebbe mai essere riconosciuta e potrebbe essere introdotta nel Sé solo a costo di fratture dell’identità, come avviene per esempio nei traumi. D’altronde, i nuovi aspetti introdotti permettono, appunto, al “vecchio” di declinarsi in modi diversi dal passato e, quindi, di modificare il proprio repertorio comportamentale e relazionale.
L’esperienza delle arti marziali, dunque, va’ sempre inserita all’interno di un percorso individuale specifico, poiché per ogni praticante avrà una diversa risonanza interiore ed un diverso significato. Tuttavia, darà a tutti i praticanti la stessa possibilità di arricchire la propria personalità e di apprendere nuovi modi di essere.
Inoltre, non si deve dimenticare che ogni persona è costituita da un insieme di diversi contesti relazionali, che vanno da quello amicale a quello lavorativo a quello familiare e così via. Quel che evolve a seguito di un’esperienza profondamente formativa, dunque, non è solo il sé dei singoli, ma i sistemi stessi di persone che a quei sé sono legati. Importare in un contesto la soluzione comportamentale scoperta altrove, è un modo per condividere la possibilità di nuovi percorsi funzionali.
A tal proposito, in psicoterapia sistemico-relazionale si parla di apprendimento 2, o deuteroapprendimento, per definire quel processo attraverso il quale il soggetto cambia il panorama di scelte da cui egli può attingere; processo che, fra l’altro, determina una diversa modalità di considerare i contesti stessi, nel senso che il soggetto riesce ad applicare a diversi contesti ciò che ha imparato in un altro.
In virtù di queste premesse, non è azzardato affermare che una profonda e duratura esperienza nelle arti marziali può permettere agli individui di attuare gli insegnamenti lì appresi anche nella vita di tutti i giorni. Le tecniche delle arti marziali, dunque, si mostreranno non fini a se stesse, né propedeutiche al combattimento, m
a portatrici di un equilibrio e di un’armonia interiori che si riverbereranno di conseguenza sui diversi aspetti dell’esistenza.

Dott. Giancarlo Rossi
(Psicologo Psicoterapeuta)

 

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